Medici: la copertura delle spese giudiziali nell’ambito delle polizze di responsabilità civile professionale

Nell’ottica di voler dare un servizio sempre più puntuale ai medici che, loro malgrado, si trovassero coinvolti in dispute relative ad una loro presunta responsabilità professionale, segnaliamo una pronuncia resa dalla 3^ Sez. della Corte di Cassazione n. 10595/2018 che, oltre ad essere un raro esempio di chiarezza espositiva, può costituire un utile vademecum in tema di copertura delle spese processuali sostenute dal sanitario convenuto.

Il problema non è di poco conto in quanto i medici quando vengono convenuti in giudizio da un paziente, si trovano a dover sostenere le spese processuali per aver resistito alla domanda, con forti anticipazioni di denaro per avvocati e consulenti tecnici di parte, senza poter ribaltare questi costi sull’assicuratore tenuto, ex contractu, alla manleva a termini di polizza.
La sentenza spiega, con estrema lucidità, quali siano le ulteriori garanzie cd. “accessorie” ad una tipica polizza di responsabilità civile professionale, così illustrando la portata (spesso misconosciuta anche da molti professionisti del settore) dei principi generali sanciti in materia dall’art. 1917 c.c.
L’assicurato ha dunque diritto ad ottenere, oltre alla copertura del corrispondente valore economico del danno provocato al terzo, la refusione delle seguenti spese processuali:
1) quelle sostenute dal danneggiato per affrontare il giudizio (cd. spese di soccombenza);
2) quelle da lui stesso corrisposte per difendersi dalla domanda formulata dall’attore nei suoi riguardi;
3) quelle da lui stesso liquidate per la chiamata in causa dell’assicuratore per veder attivata la copertura prevista dalla polizza di responsabilità civile professionale.
Le spese di soccombenza rientrano, a buon diritto, nell’ambito delle possibili conseguenze dell’atto illecito commesso, per cui l’assicurato ha diritto ad ottenerne la ripetizione nei limiti del massimale complessivamente pattuito in polizza.

Le spese di resistenza rientrano, invece, nell’alveo delle cd. “spese di salvataggio”, appositamente previste dall’art. 1914 c.c., per cui, se espressamente richieste con apposita domanda nell’ambito delle conclusioni rassegnate nel proprio atto di chiamata in causa, rendono efficace l’ulteriore garanzia prevista dall’art. 1917, comma terzo, c.c. con conseguente obbligo dell’assicuratore al rimborso nella misura del ¼ del massimale complessivamente previsto dal contratto assicurativo.
Le spese per la chiamata in causa, invece, non costituiscono né spese di soccombenza, né spese di salvataggio, ma rientrano nelle cd. “spese processuali comuni”, per cui sono soggette alla regolamentazione prevista dagli artt. 91 e 92 c.p.c., dacchè saranno dovute dall’assicuratore nel rispetto del principio della soccombenza processuale applicato al solo rapporto di garanzia.

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