Lo scorso anno il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 21/05/2020, aveva sollevato la questione di illegittimità costituzionale in relazione all’addebitabilità delle spese della consulenza tecnica a carico di parti diverse dal ricorrente nell’ambito della procedura ex art. 696 bis c.p.c. che, alternativamente alla mediazione è una condizione di procedibilità dell’azione secondo il disposto di cui all’art. 8 della legge n. 24/17 (legge Gelli – Bianco).
Orientamento prevalente della giurisprudenza
L’orientamento giurisprudenziale prevalente prevede che, nell’ambito delle procedure per accertamento tecnico preventivo, le spese vengano anticipate dal richiedente, salvo poi seguire la regola della soccombenza all’esito del successivo giudizio di merito, nel quale la perizia dovesse essere acquisita.
In buona sostanza, nei procedimenti di consulenza preventiva ex art. 696 bis c.p.c., il giudice può procedere alla liquidazione delle spese processuali (ovviamente, a carico della parte ricorrente) solamente nei casi in cui dichiari la propria incompetenza o l’inammissibilità del ricorso, oppure lo rigetti senza procedere all’espletamento del mezzo istruttorio richiesto.
Qualora, viceversa, dia corso alla consulenza preventiva, il giudice non ha il potere di statuire sulle spese, che devono essere sostenute dal ricorrente.
Il Tribunale ha però ricordato la ricostruzione sistematica operata da Cass. civ., SS.UU., 28-04-1989, n. 2021 allorchè, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale in merito all’art. 91 c.p.c., affermava che il principio per cui “il giudice con la sentenza che chiude il processo condanna la parte soccombente al rimborso delle spese”, trova applicazione con riguardo ad ogni provvedimento, ancorché reso in forma di ordinanza o decreto, che, nel risolvere contrapposte posizioni, elimini il procedimento davanti al giudice che le emette, quindi anche nei procedimenti sommari e cautelari, come nel caso del procedimento promosso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. per l’adozione dei provvedimenti d’urgenza.
I costi del collegio peritale previsti dalla legge Gelli-Bianco
In realtà il Giudice toscano, conscio del consolidato orientamento giurisprudenziale contrario, non ha invocato la rimessione della questione di legittimità per l’intera regolazione delle spese, ma unicamente con riferimento al “sovente gravoso” costo del collegio peritale (introdotto proprio con la Gelli) e del quale non si potrebbe minimamente prescindere allorché si controverta in tema di responsabilità sanitaria.
Evidenziato altresì l’ammontare, assolutamente rilevante, dei costi del collegio peritale (fra i 5 ed i 20 mila euro a posizione), il Tribunale ha individuato in quest’onere un ostacolo concreto e reale alla tutela giurisdizionale, con conseguente disparità di trattamento fra abbienti e non e comportando una evidente compressione dei propri diritti di difesa e di azione.
Peraltro – e qui risiede un chiaro appunto di irragionevolezza dell’intero impianto – nella mediazione che è una soluzione alternativa all’accertamento tecnico preventivo le spese sono invece poste a carico solidale delle parti.
Le motivazioni del rigetto della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 87/21 ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal rimettente, ritendo la disposizione censurata pienamente legittima.
Si afferma infatti che la consulenza tecnica preventiva ex art. 8 della legge n. 24 del 2017 difetta, a prescindere dalle conclusioni peritali raccolte, di una vera e propria soccombenza.
Inoltre, si ricorda che questa procedura costituisce una mera eventualità dacchè, in linea di principio, il ricorrente potrebbe sempre scegliere (anche ai fini dell’avveramento della condizione di procedibilità) la via meno onerosa della mediazione di cui al d.lgs. n. 28 del 2010, dove i costi della CTU, se espletata, sono posti a carico solidale delle parti ex art. 16, comma 11, del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180
Pertanto, la previsione normativa censurata non crea, a parere della Corte, “un ostacolo, eccessivo e rigido, che – in ragione delle condizioni economiche del ricorrente, in ipotesi precarie, ma non tali da consentire l’accesso al patrocinio a spese dello Stato – possa pregiudicare il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.)”.