La questione prende le mosse dalla richiesta risarcitoria presentata da un consumatore nei confronti di una nota casa farmaceutica per l’insorgenza di una patologia derivante dalla protratta assunzione di un farmaco. La domanda veniva accolta in primo grado, ma in seguito all’appello della casa farmaceutica ridotta nel suo ammontare.
Veniva quindi proposto ricorso per cassazione assumendo che, in base alla speciale disciplina del Codice del Consumo, il giudizio di difettosità del prodotto non poteva discendere dalla sua innocuità, dovendosi invece ancorare alla “sicurezza che ci si può ragionevolmente attendere in relazione al modo in cui il prodotto è stato immesso in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi e alle istruzioni e avvertenze fornite all’uso, anche in ragione della ampia informativa fornita”, considerando altresì che il risultato “anomalo” avrebbe dovuto ritenersi perfettamente conosciuto alla classe medica per essere riportato fra quelli avversi indicati nell’informativa medesima.
La Corte ha respinto le censure della casa farmaceutica osservando, preliminarmente, che per prodotto difettoso si deve far riferimento all’art. 117 del Codice del Consumo, per cui rientra nella nozione non “già ogni prodotto insicuro bensì quel prodotto che non offra la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all’uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, ai comportamenti che in relazione ad esso si possono ragionevolmente prevedere, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione”.
Nello specificare la nozione di prodotto difettoso, si è altresì fatto ricorso al concetto di sicurezza, contenuto nella disciplina sulla sicurezza generale dei prodotti di cui all’art. 103 Codice del consumo, di modo che, per considerarlo tale, il prodotto non deve essere totalmente innocuo e quindi sicuro, “dovendo farsi riferimento ai requisiti di sicurezza dall’utenza generalmente richiesti in relazione alle circostanze specificamente indicate all’art. 117 Codice del consumo (e già all’art. 5 d.p.r. n. 224 del 1988), o ad altri elementi in concreto valutabili e concretamente valutati dal giudice di merito, nell’ambito dei quali debbono farsi rientrare gli standards di sicurezza eventualmente imposti dalle norme in materia”.
La stessa verificazione del danno non implica poi un automatico giudizio di pericolosità del prodotto, ma solo una valutazione di indefinita pericolosità, insufficiente a fondare la responsabilità del produttore laddove non venga in concreto accertato che la stessa pone il prodotto al di sotto del livello di garanzia e di affidabilità richiesto dalle leggi in materia o dall’utenza.
In termini di prova, la Corte ha quindi aggiunto che l’art. 120 del Codice del Consumo detta le regole per cui il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno.
Una volta dimostrati questi presupposti, sarà onere del produttore provare che il difetto non esisteva quando ha posto il prodotto in circolazione, o che all’epoca non era riconoscibile come in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche.
A nulla rileva poi la rilasciata autorizzazione al commercio, che di fatto non esclude di per sé la responsabilità civile del produttore, rappresentando unicamente lo standard minimo di garanzia per il consumatore.
La Corte ha quindi confermato la sentenza di merito osservando, altresì, che per “escludere la responsabilità del produttore di farmaci non è invero sufficiente nemmeno la mera prova di aver fornito – tramite il foglietto illustrativo ( c.d. “bugiardino” ) – un’informazione che si sostanzi in una mera avvertenza generica circa la non sicurezza del prodotto, essendo necessaria un’avvertenza idonea a consentire al consumatore di acquisire non già una generica consapevolezza in ordine al possibile verificarsi dell’indicato pericolo in conseguenza dell’utilizzazione del prodotto bensì di effettuare una corretta valutazione (in considerazione delle peculiari condizioni personali, della particolarità e gravità della patologia nonché del tipo di rimedi esistenti) dei rischi e dei benefici al riguardo, nonché di adottare tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare l’insorgenza del danno, e pertanto di volontariamente e consapevolmente esporsi al rischio ( con eventuale suo concorso di colpa ex art. 1227 c.c. in caso di relativa sottovalutazione o di abuso del farmaco )”.