L’istituto del divorzio, introdotto dalla legge n. 898/1970 poi integrata, con modifiche, dalla legge n. 55/2015 e successive modifiche, disciplina le modalità mediante le quali si ottiene lo scioglimento del vincolo matrimoniale ovvero, in caso di matrimonio concordatario, la cessazione dei soli effetti civili.
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Per raggiungere questo scopo è necessario proporre domanda di scioglimento del matrimonio che, anche ai sensi della legge n. 162 del 2014, richiede necessariamente il ricorso di una delle seguenti condizioni:
La domanda di divorzio può essere altresì presentata al ricorrere di altre situazioni, appositamente previste dall’art. 3 della legge n. 898/1970, ovverossia:
Anche le tempistiche di presentazione della domanda di divorzio sono differenti a seconda della procedura previamente seguita per ottenere la dichiarazione di separazione dei coniugi.
Di seguito i termini previsti nei vari casi:
Per effetto della pronuncia di divorzio, viene a cessare definivamente il vincolo matrimoniale con alcune conseguenze sia sullo status personale dei coniugi, che sulle loro sfere di interesse patrimoniale.
Tra quelle di natura personale si possono elencare:
Gli effetti di natura patrimoniale sono:
Per quanto concerne, invece, i rapporti di affidamento e di contribuzione al mantenimento della prole occorre ricordare che questi non cessano con la pronuncia definitiva di divorzio, per cui l’esercizio della potestà genitoriale rimane inalterata in caso di affidamento condiviso, così come i diritti ed i doveri previsti dalla legge a tutela dei loro specifici interessi.
Con riferimento all’assegnazione della casa coniugale in caso di divorzio, si deve far riferimento all’interesse della prole, anche se maggiorenne e non autonoma economicamente, non dovendosi tener conto del diritto di proprietà del coniuge non collocatario che, rimane limitato, fino a quanto i figli non avranno raggiunto una loro indipendenza.
Qualora i coniugi non abbiano figli, oppure sia maggiorenni ed indipendenti ed autonomi economicamente, l’abitazione coniugale ritorna nella piena disponibilità del suo proprietario.
Nell’ipotesi in cui l’immobile sia cointestato fra i due ex coniugi, lo stesso potrà essere diviso, qualora possibile, oppure venduto con relativo riparto fra i due, sempreché l’uno non intenda riscattare la quota di comproprietà dell’altro.
Gli effetti della pronuncia definitiva di divorzio devono, in questo caso, si integrano con quelle del regime patrimoniale scelto dai coniugi al momento del matrimonio.
Nel caso in cui abbiano optato per la comunione legale dei beni, gli importi che siano residuati, al momento dello scioglimento della comunione, sul conto corrente cointestato appartengono ad entrambi nella misura del 50%, anche se lo stesso è stato alimentato soltanto da uno dei due.
Nell’ipotesi in cui, invece, abbiano scelto il regime della separazione dei beni, la somma rimasta si ripartisce a metà fra i coniugi, salva la prova contraria da parte di colui che dimostri che derivano esclusivamente dalla propria attività o siano a sé comunque riferibili.
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