Attualmente la questione del riconoscimento delle indennità previste per danni permanenti da vaccinazione obbligatoria è regolamentata dal Decreto legislativo 31 marzo 1998 e dal conseguente DPCM del 26 maggio 2000, per cui le competenze in materia di indennizzi ai sensi della Legge 210/92 sono state trasferite, con decorrenza dal 1° gennaio 2001, dal Ministero della Salute alle Regioni. Pertanto, le Regioni provvedono a notificare il giudizio della Commissione Medica Ospedaliera e a liquidare l’indennizzo mensile e gli arretrati spettanti ai soggetti danneggiati o ai loro eredi.
Nel nostro ordinamento la disciplina prevista dalla l. 210/1992 regolamenta il riconoscimento di un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.
Più volte la Corte Costituzionale è intervenuta per spiegare che la ratio di questa norma risiede nel dovere di solidarietà sociale che, riconoscendo la facoltà allo Stato di imporre a tutela del bene primario della salute pubblica trattamenti sanitari obbligatori, impone altresì alla collettività, e quindi sempre allo Stato, di predisporre in suo favore i mezzi di una protezione specifica consistente in una “equa indennità”, fermo restando, ove ne realizzino i presupposti, il diritto al risarcimento del danno” (Cort. Cost. n. 27/1998).
A seguito di alcune pronunce della stessa Corte Costituzionale (vedi sul punto sentenza 118/20) è stato significativamente ampliato il bacino dei potenziali beneficiari dell’indennizzo fino a ricomprendere anche coloro che abbiano patito danni permanenti da campagne vaccinali “non obbligatorie”, ma soltanto “raccomandate” dalle autorità statali. È stata quindi ribadita la stretta assimilazione tra vaccinazioni obbligatorie e vaccinazioni raccomandate, anche alla luce del fatto che nella pratica medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo, cioè la tutela della salute (anche) collettiva. Ne consegue – sempre secondo il ragionamento propugnato dalla Corte che “in presenza di una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò di per sé rende la scelta individuale di aderire alla raccomandazione obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli”.
Va da sé allora che il diritto all’indennizzo per il cittadino dovrà quindi correlarsi, non certo al fatto di essersi sottoposto ad un programma di vaccinazione obbligatoria, quanto piuttosto a quello di aver risposto al dovere di solidarietà che gli si impone per la tutela dell’interesse proprio e della collettività alla salute.
La domanda di indennizzo deve essere presentata dall’interessato (o da un suo delegato munito di apposita procura) all’Azienda Sanitaria di residenza, che ha il compito di svolgere l’istruttoria, controllando la completezza di tutta la documentazione richiesta e verificando il possesso dei requisiti previsti dalla legge.
L’Azienda Sanitaria completata l’istruttoria invia copia completa del fascicolo alla Commissione medica ospedaliera (CMO) competente, che provvede a convocare a visita l’interessato e ad esprimere il giudizio sul nesso causale tra l’infermità e la vaccinazione (trasfusione o somministrazione di emoderivati infetti), sulla categoria di ascrizione dell’infermità e sulla tempestività della domanda. Il verbale contenente il giudizio è inviato all’Azienda Sanitaria e successivamente notificato al richiedente che avrà trenta giorni per l’eventuale presentazione del ricorso avverso il giudizio della CMO.
Nel caso di aggravamento dell’infermità già riconosciuta, l’interessato può presentare all’Azienda Sanitaria, entro sei mesi dalla conoscenza dell’evento, una domanda di revisione (art.6 L.210/92), al fine di ottenere l’ascrizione ad una diversa categoria tabellare.
I soggetti (ai quali è già stato riconosciuto il diritto all’indennizzo), che hanno contratto più di una malattia direttamente connessa alla trasfusione o vaccinazione o somministrazione di emoderivati infetti, possono presentare apposita domanda alla Azienda Sanitaria per ottenere un indennizzo aggiuntivo (c.d. doppia patologia).
L’indennizzo è pari al 50% di quello previsto per la categoria corrispondente alla patologia più grave (art.1 comma 7, Legge 238/97).
L’indennizzo consiste in un assegno composto da una somma determinata nella misura stabilita dalla tabella B allegata alla Legge 29 aprile 1976 , n. 177, cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito e da una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale di cui alla legge 324/59.
Solo i soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, oltre alla domanda per l’ottenimento dell’indennizzo previsto dall’art.1 della Legge 210/92, possono presentare domanda, con le stesse modalità, per ottenere un assegno una tantum, pari al 30% dell’indennizzo dovuto per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo stesso (Legge 238/97 art.1 comma 2).
In caso di decesso del danneggiato, connesso con patologie conseguenti la titolarità dell’indennizzo, gli aventi diritto (nell’ordine previsto: coniuge, figli, genitori, fratelli minorenni, fratelli maggiorenni) possono presentare domanda per la corresponsione di un assegno una tantum di € 77.468,53 (da corrispondersi in unica soluzione o reversibile per 15 anni). La richiesta va presentata presso l’Azienda Sanitaria dell’ultima residenza del soggetto danneggiato deceduto, entro il termine di 10 anni dalla data del decesso, gli eredi hanno anche diritto ad ottenere la somma corrispondente ai ratei maturati e non riscossi dall’intestatario dell’indennizzo.
Il termine per la presentazione della domanda per i soggetti danneggiati da vaccinazione è di tre anni. I termini decorrono dal momento in cui, sulla base della documentazione presentata, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno.
Avvalorando la giurisprudenza citata, l’articolo 20 del Decreto Sostegni ter, intitolato “Disposizioni in materia di vaccini anti Sars-CoV2 e misure per assicurare la continuità delle prestazioni connesse alla diagnostica molecolare” ha disposto la modifica della legge n. 210/1992, attraverso l’introduzione, dopo il comma 1 dell’articolo 1 del comma seguente:
“1-bis. L’indennizzo di cui al comma 1 spetta, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge, anche a coloro che abbiano riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti Sars-CoV2 raccomandata dall’autorità sanitaria italiana. Al relativo onere, valutato in 50 milioni di euro per l’anno 2022 e in 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023, si provvede ai sensi dell’articolo 32. Le risorse sono stanziate in apposito fondo nel bilancio del Ministero della salute che provvede ai pagamenti di propria competenza, nonché al trasferimento alle regioni e alle province autonome delle risorse nel limite del fabbisogno derivante dagli indennizzi da corrispondersi da parte di queste, come comunicati annualmente dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome entro il 31 gennaio. Con uno o più decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di monitoraggio annuale delle richieste di accesso agli indennizzi e dei relativi esiti, nonché, sulla base delle richiamate comunicazioni della Conferenza delle regioni e delle province autonome, l’entità e le modalità di trasferimento del finanziamento spettante alle regioni.”