In condominio tutti i partecipanti contribuiscono alle spese per il mantenimento delle parti condivise dell’edificio. Su questo, il riferimento normativo è molto chiaro, l’art. 1117 c.c. infatti stabilisce che le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. La norma precisa, inoltre, che se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Può succedere, però, che uno o più condòmini si rendano morosi perché non riescono a pagare la quota spettante, diventando così debitori nei confronti del condominio.
I casi di morosità sono all’ordine del giorno e rappresentano uno dei problemi più frequenti che si trova ad affrontare l’amministratore di condominio, cioè colui che è tenuto ad agire per la riscossione forzata delle somme dovute dai condòmini entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.
Possiamo riassumere le procedure relative all’assemblea di condominio in otto punti.
Prima di ogni cosa, sarà l’amministratore che dovrà chiedere ai condomini il pagamento delle spese non appena sia stato approvato il loro riparto dall’assemblea di condominio.
Se un condomino non paga, l’amministratore dovrà insistere. Se a nulla valgono i suoi solleciti, allora dovrà far intervenire un avvocato affinché richieda un decreto ingiuntivo esecutivo contro il condomino moroso. In tal caso, l’assemblea può decidere di concedere più tempo al moroso per saldare il suo debito. Ma se ciò non avviene, l’amministratore ha l’obbligo di agire per la riscossione forzata del credito entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio.L’amministratore, che non prende provvedimenti, può essere revocato senza preavviso dal suo incarico e può essergli richiesto il risarcimento del danno. Anche un singolo condomino, in disaccordo con l’assemblea, può chiedere al giudice la revoca dell’amministratore.
In caso di reiterazione della morosità, l’amministratore deve informare i creditori del condominio che non sono stati pagati fornendo i dati anagrafici dei morosi. Questi dovranno agire prima contro i condomini morosi e, solo in caso di insuccesso, contro tutti gli altri condomini in regola con i pagamenti. Nel momento in cui il creditore insoddisfatto si rivolge contro i condomini in regola, lo deve fare in proporzione ai millesimi di quest’ultimo: non può quindi chiedergli l’intero pagamento, ma solo la quota proporzionata al valore del suo appartamento. Il moroso che riceve il decreto ingiuntivo per gli oneri di condominio ha 40 giorni per fare opposizione e dare inizio a un contenzioso civile.
Il condomino moroso che non si oppone dovrà subire l’esecuzione forzata e quindi gli potrà essere pignorato lo stipendio, la pensione, il conto corrente o la casa.
È bene chiarire che l’amministratore può sospendere al condomino moroso l’erogazione di servizi comuni ex art. 18 della L. 220/2012, ma fruibili con godimento separato. Potrebbe tagliare addirittura gas e riscaldamento, lasciando i debitori al freddo e senza acqua calda. La giurisprudenza non ha parere uniforme su questo provvedimento: per alcuni i servizi essenziali, come appunto acqua, gas, luce, non potrebbero essere sospesi in quanto beni primari protetti costituzionalmente.
Va comunque specificato che, ancorché moroso, il debitore è ancora a tutti gli effetti un condomino e ha dei diritti, per cui può intervenire e votare in assemblea, anche se il suo voto nelle questioni che lo riguardano direttamente non potrà essere calcolato per conflitto di interessi e ha il diritto di estrarre copia di tutti i documenti del condominio.
Consultare un avvocato specializzato, può essere essenziale per esigere i propri diritti ed esplicare i propri doveri. Rivolgiti ai migliori avvocati specializzati del team di Consulcesi and partners!
Un altro aspetto che è stato posto all’attenzione del Legislatore nell’ultimo periodo riguarda il fatto che l’amministratore di condominio non dovrebbe mai divulgare al pubblico i dati sensibili dei condomini. Tale fattispecie assume ancor più rilievo nel momento in cui qualcuno che vive all’interno dello stabile gestito dall’amministratore diventa moroso.
Nel momento in cui un condomino non paga delle spese comuni dovute, l’amministratore non può rendere pubblica la notizia – ad esempio mettendo un annuncio in bacheca o in altro spazio comune – ma deve rivolgersi direttamente al soggetto moroso per sollecitare il pagamento delle somme dovute. Il Garante ha altresì previsto che tutte le comunicazioni tra le parti debbano verificarsi in forma privata, così da non ledere le norme sulla riservatezza.
L’amministratore di condominio, tuttavia, è legittimato a informare gli eventuali creditori ancora non soddisfatti dei dati inerenti ai condomini che risultano morosi. Non solo, può comunicare i nomi dei condomini morosi ai partecipanti al condominio, in quanto contitolari della gestione e quindi portatori di un interesse tutelato. Ma non può fornire questi dati a terzi estranei. Se le comunicazioni inerenti alle morosità avvengono in assemblea, questo non viola la legge sulla privacy.
Alcuni regolamenti di condominio, in maniera del tutto legittima secondo la giurisprudenza maggioritaria, possono stabilire che “in caso di morosità oltre gli interessi legali sarà applicata all’assegnatario una sanzione pecuniaria, a titolo di penale convenzionale, pari all’1% della somma dovuta per ogni mese di ritardo nei pagamenti”. La fattispecie riguarda le ipotesi di previsione in Regolamento di somme aggiuntive a quelle dovute dal condomino, per il caso che questo ritardi nel pagamento delle quote. Negli altri casi, la sanzione pecuniaria non può essere superiore alle L.100 (oggi € 0,05), e tale misura non è derogabile dal Regolamento se non verso una misura minore, ex art.72 disp. att. cod. civ.. A monte, il regolamento può poi prevedere altre norme in tema di morosità purché non siano contra legem e approvate all’unanimità.