Nell’ambito delle polizze che forniscono copertura per i rischi derivanti dall’esercizio della professione medica, ci si imbatte di solito in due tipi di clausole che, in modo alternativo fra loro, definiscono il perimetro della garanzia prestata al sanitario assicurato:
Di recente, la Corte di Cassazione ha ribadito, con la sentenza n. 12981/22, l’assoluta legittimità di questo modello negoziale, affermando che si tratta di una possibile deroga convenzionale all’art. 1917, comma 1, c.c., pienamente consentita dall’art. 1932 c.c.
Si tratterebbe pur sempre di una garanzia riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non soggetta al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma semmai alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale.
Questa verifica giudiziale riguarda non soltanto la causa concreta del contratto, con specifico riferimento al profilo di liceità ed adeguatezza del prescelto sinallagma negoziale (rapporto tra prestazione e controprestazione) rispetto ai concreti interessi perseguiti dalle parti, ma si estende sia alla fase precontrattuale, per verificare se l’assicuratore abbia fornito una corretta e completa informazione al contraente del reale contenuto della clausola claims made, che a quella di attuazione del contratto, con la possibilità per l’assicurato di invocare il rimedio contrattuale più coerente con la tutela richiesta nel caso concreto.
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All’esito di un lungo processo che vedeva contrapposta una paziente ai sanitari che l’avevano avuta in cura ed alla struttura privata, presso la quale era stata ricoverata, il Tribunale Civile di Napoli aveva accolto la domanda risarcitoria, condannando tutte le parti solidalmente fra loro al pagamento di quasi 100.000,00 euro, oltre accessori e con refusione delle spese di lite. Con la medesima pronuncia venivano altresì accolte le domande di garanzia formulate dalla struttura e dai medici convenuti, previa dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 1341 c.c., della clausola claims made apposta nei rispetti contratti assicurativi, con relativa condanna dei medesimi assicuratori a garantire i loro assicurati da quanto dovuto alla paziente danneggiata.
Questa sentenza veniva riformata dalla Corte di Appello partenopea che, in estrema sintesi, riteneva perfettamente valide le clausole claims made previste dalle polizze assicurative, ritenendole meritevoli di tutela e, quindi, legittime non comportando alcuno stravolgimento del concetto di sinistro di cui all’art. 1882 c.c.
Depositato ricorso per cassazione da parte della struttura sanitaria privata, spiegava gravame incidentale anche il sanitario che si era visto annullata la statuizione di garanzia nei riguardi della propria assicurazione, con conseguente resistenza delle Compagnie convenute.
Fra i motivi di censura sostenuti dal sanitario ricorrente, veniva dedotta l’erroneità della sentenza per aver ritenuto legittima la clausola claims made apposta al contratto, senza ponderare accuratamente “la obiettiva compressione che la clausola in questione operava sulla concreta possibilità di esercitare il diritto che all’assicurato derivava dalla polizza“, laddove la decadenza risultava collegata al fatto del terzo (ossia, l’inoltro della richiesta di risarcimento), su cui nessun controllo era invocabile a carico dell’assicurato.
Sull’aspetto prima prospettato, chiarissima è stata però la risposta della Corte che, respingendo la doglianza, ha ribadito in conformità ai suoi precedenti giurisprudenziali che la denuncia del danneggiato deve considerarsi fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, giustificando “l’appartenenza strutturale del fenomeno claims al modello di assicurazione della responsabilità civile (o sotto-tipo) di cui all’art. 1917 c.c., comma 1 nel contesto del più ampio genus dell’assicurazione contro i danni (art. 1904 c.c.), della cui causa indennitaria la clausola claims made è pienamente partecipe”.
Pertanto, secondo la Corte, il fatto che la decadenza dalla copertura assicurativa venga fatta dipendere dalla scelta del terzo di inviare la richiesta di risarcimento non determina alcuna nullità della clausola, in quanto tale richiesta “quale evento futuro, imprevisto ed imprevedibile, è del tutto coerente con la struttura propria del contratto di assicurazione contro i danni, in cui l’operatività della copertura deve dipendere da fatto non dell’assicurato”.
Al sanitario ricorrente non resta così che pagare le spese di giudizio in Cassazione mentre, in solido con gli altri soggetti dichiarati responsabili, dovrà partecipare alla liquidazione del risarcimento al paziente.