Già dal 6 giugno scorso è possibile, per tutti i cittadini che ne facciano richiesta, comunicare la loro elezione di domicilio con modalità digitale: in poche parole, è possibile per chiunque indicare un indirizzo Pec (posta elettronica certificata) dove si intende ricevere ogni comunicazione, incluse le notifiche da parte della Pubblica Amministrazione, registrando presso l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali (Inad) l’indirizzo prescelto.
A partire dal 6 luglio, questo elenco è consultabile da tutti, con conseguenze che spesso non si conoscono e che è bene sapere prima di procedere alla registrazione.
Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico acquistato da un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS, che va a sostituire le ordinarie modalità di comunicazione con la Pa finora esistenti, per cui assumono piena validità legale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del Codice dell’Amministrazione Digitale tutte le notifiche che dovessero pervenire all’indirizzo così realizzato e regolarmente registrato presso l’elenco Inad.
Come visto, la registrazione del proprio domicilio digitale può avvenire all’elenco Inad, mediante accesso alla relativa piattaforma utilizzando il Sistema Pubblico d’Identità Digitale (Spid), la Carta d’Identità Elettronica (Cie) o la Carta Nazionale dei Servizi (Cns).
Possono eseguire questa operazione:
Occorre, però, ricordare che i professionisti, titolari di partita Iva e già obbligati per legge a dotarsi di un indirizzo di Posta elettronica certificata, vedranno confluire automaticamente l’indirizzo presente su Ini-Pec anche sull’elenco Inad quale domicilio digitale di persona fisica, ferma restando la possibilità per il medesimo titolare di registrare su quest’ultimo elenco un indirizzo diverso da quello professionale.
Dal 6 luglio, tutti gli uffici della Pubblica amministrazione dovranno necessariamente utilizzare, per le loro comunicazioni con valore legale (verbali di sanzioni amministrative, avvisi di accertamento, rimborsi fiscali e detrazioni d’imposta, atti giudiziari ecc….), il domicilio digitale presente sull’elenco Inad che peraltro, dalla stessa data, potrà essere consultato da chiunque ne abbia interesse mediante l’inserimento del codice fiscale del soggetto di cui si vuole verificare l’eventuale pubblicazione dell’indirizzo elettronico.
Pertanto, la presenza di un domicilio digitale Pec sul detto elenco renderà possibile la notifica, ricorrendo alla modalità digitale, anche di atti contenenti istanze di natura giudiziaria, potendo ricorrere all’Ufficiale Giudiziario (con la relativa consegna manuale del plico) soltanto in caso di mancato rinvenimento dell’indirizzo telematico del relativo destinatario.
Soprattutto per coloro che, diversamente dai professionisti legali, non hanno molta dimestichezza con questo strumento, ma anche per quelli che, pur detenendo da tempo un indirizzo di posta elettronica certificata (ad es. i professionisti della Sanità iscritti ai rispettivi ordini), non sempre mostrano particolare attenzione nella gestione del loro domicilio digitale, si deve ricordare come un negligente rapporto con questo strumento possa comportare conseguenze davvero pericolose e talvolta definitive.
Massima dovrà essere per tutti coloro che siano titolari di un domicilio digitale l’attenzione per lo stato della propria casella postale, avendo cura di verificare, periodicamente, la ricezione di eventuali notifiche, eventualmente ponendo in essere tutti quegli strumenti che possano allertarli, con tempestività, dell’eventuale consegna di un atto.
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Infatti, giova ricordare che, per il mittente, quello della consegna costituisce il momento in cui assume valore legale l’avvenuta notifica, a nulla rilevando il fatto che il destinatario abbia o meno aperto il documento ricevuto con modalità elettronica.
Dovrà essere altresì monitorato l’eventuale raggiungimento del livello massimo di capienza della casella postale, non rappresentando tale situazione una valida giustificazione alla mancata ricezione del documento notificato.
Proprio di recente, la Corte di Cassazione è tornata su questo punto lanciando un monito chiaro e perentorio allorché, con la pronuncia n. 05646/2021, ha affermato che: “La notificazione dell’atto da eseguirsi ad un soggetto che per legge è obbligato a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata (P.E.C.) si considera regolarmente perfezionata con la ricevuta telematica che attesta l’aver trovato piena la casella di posta elettronica certificata, equiparabile alla ricevuta di avvenuta consegna, poiché il mancato inserimento nella predetta casella si configura come un evento imputabile esclusivamente alla condotta del destinatario individuabile nella inadeguata gestione dello spazio telematico destinato alla ricezione e all’archiviazione dei documenti. La giurisprudenza è costante nell’annoverare tra le cause imputabili al destinatario la mancata comunicazione per saturazione della casella di posta elettronica, avendo esplicitamente affermato che il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, legittima l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012 , art. 16, comma 6, convertito in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 47, convertito in L. 11 agosto 2014, n. 114”.