Le modalità con cui viene comunicato al beneficiario l’accesso all’emolumento pensionistico risultano spesso poco trasparenti e comunque estremamente tecniche. Soprattutto con riferimento ai criteri con cui l’ente previdenziale, pubblico o privato che sia, effettua il calcolo dei versamenti eseguiti nel corso della carriera lavorativa. Il che rende oltremodo difficoltosa la verifica di correttezza a soggetti privi di adeguata competenza professionale.
Agli errori eventualmente imputabili all’ente previdenziale, si possono aggiungere anche quelli commessi dalle parti datoriali che, omettendo versamenti o liquidandoli in difetto, posso andare ad inficiare il computo della pensione effettuato dal soggetto erogatore.
L’INPS, ad esempio, si limita a calcolare la posizione del singolo sulla base di quanto gli viene comunicato dalle amministrazioni finanziarie di appartenenza, ma può accadere che, nell’invio mensile dei flussi per l’accredito dei contributi dovuti per un determinato lavoratore, ci siano anomalie di cui ci rende conto soltanto in fase di chiusura pensionistica.
Gli errori possono essere i più disparati:
A tutto questo si aggiungono pratiche di ricongiunzione, cumulo e totalizzazione che non vengono adeguatamente valorizzate, così come può accadere che non siano calcolati versamenti eventualmente effettuati negli anni dal lavoratore, ovvero siano conteggiati in modo erroneo rispetto a quanto avrebbe dovuto essere.
Un atteggiamento attento al contenuto della busta paga e della certificazione unica ricevute durante il corso della carriera lavorativa è già un buon viatico per accorgersi, tempestivamente, di eventuali errori commessi dall’amministrazione di appartenenza, così come risulta altrettanto importante verificare, di tanto in tanto, l’estratto conto previdenziale, per individuare eventuali omissioni e/o inesattezze nella registrazione dei flussi contributivi.
Dall’estratto contributivo è, infatti, possibile ricavare i dati anagrafici del lavoratore e in ogni riga è riportato il periodo di riferimento lavorativo, le settimane di contributi utili ai fini del calcolo della pensione, la tipologia di contribuzione, il datore di lavoro e la retribuzione od il reddito.
Per prima cosa, l’interessato deve accedere, personalmente o per il tramite di un soggetto professionale formalmente incaricato, all’ente previdenziale di appartenenza richiedendo di conoscere tutti i dati relativi alla propria situazione previdenziale, nonché i criteri seguiti per la determinazione dell’emolumento riconosciuto, con obbligo per il destinatario di fornire adeguato riscontro che, nel caso dell’Inps, assume valore certificativo.
Successivamente, si deve confrontare i dati, così come ricevuti dall’ente previdenziale, con quelli personalmente disponibili, ricercando possibili manchevolezze e/o errori che possano aver influito sul calcolo finale.
Una volta ottenute tutte queste informazioni, sarà possibile per l’intermediario qualificato (in genere, un consulente del lavoro) procedere alla redazione di una perizia di calcolo della pensione certificata che, qualora dovesse evidenziare errori che potrebbero comportare un credito a favore del pensionato, potrà essere presentata a corredo della istanza amministrativa di verifica e ricalcolo inoltrata all’amministrazione previdenziale competente.
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I soggetti titolati alla presentazione ad Inps dell’istanza per il ricalcolo della pensione sono tutti i pensionati, nonché i lavoratori che risultano iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alla gestione separata, alle gestioni speciali dedicate al lavoro autonomo.
La domanda deve essere presentata, personalmente o mediante un intermediario abilitato, entro il termine di 90 giorni (ridotti a 30 in casi specifici) dalla data di comunicazione del provvedimento di liquidazione della prestazione pensionistica, inoltrandola all’organo centrale dell’Inps o a quello periferico territorialmente competente a decidere.
Se non perviene alcuna decisione nei 90 giorni successivi all’invio del ricorso, si viene a configurare l’ipotesi di silenzio rigetto da parte dell’Ente previdenziale, per cui sarà necessario presentare apposito ricorso, con il patrocinio di un legale esperto in materiale, avanti la Corte dei Conti nel termine di 3 anni.
Ovviamente, tale eventualità sarà percorribile anche nel caso in cui l’Ente opponga formale rigetto all’istanza presentata. Nel caso siano trascorsi i termini previsti da legge, si può comunque proporre un’istanza in autotutela nell’ambito della quale si andrà a richiedere, ai sensi della circolare 146 dell’INPS del 15.12.2006, la verifica del conteggio.
Viste le numerose segnalazioni provenienti da più parti, Consulcesi & Partners propone a tutta la sua clientela, con l’ausilio dei propri partners, il servizio di Ricalcolo Pensionistico così da consentire a qualsiasi lavoratore, non necessariamente già in pensione, di approfondire, alla luce della documentazione disponibile e di quella necessaria per una corretta ricostruzione della posizione retributiva, l’eventuale presenza di errori od omissioni nella determinazione del monte contributivo.
Tramite la verifica delle buste paga consegnate dall’amministrazione di appartenenza, della certificazione unica rilasciata annualmente oppure dell’estratto contributivo, eventualmente integrato da un semplice consulto con valenti consulenti del lavoro ovvero, per i liberi professionisti, l’acquisizione della documentazione relativa ai versamenti effettuati alla rispettiva cassa previdenziale. Sarà quindi possibile eseguire, tenuto conto delle normative anche contrattuali applicabili al caso concreto, la revisione dell’emolumento pensionistico, così da poter avviare, qualora si ravvisino irregolarità in difetto, la domanda di ricalcolo della pensione all’ente previdenziale competente, con il relativo riconoscimento degli arretrati eventualmente dovuti in conformità all’eventuale decorso del termine prescrizione applicabile.