Il contratto di locazione ad uso commerciale instaura un rapporto a prestazioni corrispettive tra il locatore e il conduttore, per cui ciascuno è tenuto ad adempiere ad una determinata prestazione a favore dell’altro.
Sono due le principali obbligazioni strettamente correlate fra loro:
L’equilibrio fra queste due obbligazioni deve mantenersi sostanzialmente inalterato per tutto il corso del rapporto. Eventuali fatti sopravvenuti, che alterino significativamente questo equilibrio, possono essere adeguatamente affrontati dalle parti contraenti ricorrendo ai rimedi consentiti dall’ordinamento.
Tra i fatti che hanno recentemente alterato questo equilibrio, vi è senza dubbio la pandemia da Covid-19 e le misure restrittive di contenimento del virus che hanno portato a lunghi periodi di chiusura delle attività commerciali. In questo articolo approfondiamo quali sono le possibilità previste rispetto alla riduzione e alla restituzione del canone di affitto pagato durante il lockdown.
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Di recente, questo equilibrio è stato sconvolto dall’evento pandemico che, fra le numerose misure emergenziali adottate, ha costretto il Governo all’adozione urgente di diversi provvedimenti restrittivi della libertà personale e del diritto d’impresa, fra i quali l’immediata chiusura della quasi totalità degli esercizi commerciali per contenere la diffusione del virus.
Queste decisioni governative hanno interessato diverse tipologie di attività e periodi di tempo specifici, peraltro in alcuni casi differenziati in base all’ambito territoriale previsto dalla normativa di riferimento.
La chiusura totale si è infatti estesa dal 9 marzo 2020 al 18 maggio 2020 (per la sola Regione Lombardia dal 7 marzo), mentre successivamente hanno potuto riaprire, secondo prefissate cadenze temporali, le altre attività commerciali, con limitazioni di accesso al pubblico più o meno importanti.
A titolo meramente esemplificativo, si osserva che:
Fino poi a completare il quadro degli esercizi commerciali, con la successiva riapertura delle attività sportive al chiuso, delle discoteche e sale da ballo, oltre che delle sale bingo, sale giochi, sale scommesse.
Tutti i periodi di lockdown imposti dalle disposizioni governative hanno provocato nell’incolpevole conduttore di un’immobile l’impossibilità di esercitare l’attività di impresa o professionale (negozi, palestre, studi medici, ambulatori ecc…) per la quale aveva stipulato il contratto di locazione, così comprimendo, perlomeno per tutto il periodo di chiusura imposta dalle Autorità, l’interesse concreto perseguito, ossia quello di commercializzare al pubblico beni o servizi per trarne un ricavo economico, necessario per sostenere il pagamento del canone mensilmente dovuto.
Questa misura anti-Covid ha quindi generato un improvviso ed imprevedibile disequilibrio nel contratto di locazione in essere dal momento che, a fronte della significativa perdita economica patita, il conduttore rimaneva comunque obbligato alla corresponsione del canone al locatore.
Pertanto, per il periodo in cui l’attività commerciale è stata autoritativamente chiusa si verificava un’impossibilità parziale al godimento dell’immobile, poiché i locali rimanevano nella disponibilità del conduttore, ma di fatto non potevano essere utilizzati per gli scopi cui erano destinati.
Appare, dunque, pertinente il richiamo alla figura dell’impossibilità parziale temporanea, che giustifica nei contratti a prestazioni corrispettive, in cui rientra la figura della locazione ad uso commerciale, o la riduzione della controprestazione o il recesso.
I divieti imposti dai provvedimenti governativi hanno quindi comportato, per il conduttore, una limitazione nel godimento del locale commerciale, non tanto come possibilità di detenerlo, quanto piuttosto di utilizzarlo pienamente e, quindi, anche e soprattutto per il perseguimento dell’interesse economico sotteso all’accordo negoziale.
Fatta salva la possibilità per le parti di rinegoziare in qualsiasi momento le condizioni, anche economiche, del contratto per ristabilire, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, l’equilibrio compromesso, la giurisprudenza di merito ha ritenuto percorribile la strada dell’offerta di riduzione del contratto ad equità, come espressione di un autonomo potere di modifica unilaterale del contratto finalizzato ad evitare la risoluzione del contratto, ristabilendo un corretto equilibrio fra le controprestazioni.
Il principio che presiede a questa opportunità è infatti quello della “buona fede” negoziale, secondo il quale le parti sono tenute ad eseguire il contratto nel rispetto dei principi previsti dall’art. 1375 c.c. per cui, in un caso come quello dell’improvvisa chiusura dettata dal rispetto delle misure di contenimento imposte dalle Autorità, il conduttore ben potrebbe invocare il diritto ad ottenere la riduzione del canone proporzionata alla sopravvenuta diminuzione del godimento dell’immobile locato per l’esercizio dell’attività commerciale.
Qualora il conduttore, malgrado le motivate e comprovate richieste di riduzione ad equità, non abbia ottenuto alcun bonario riscontro dal locatore, con conseguente versamento integrale del canone anche durante il periodo di forzata chiusura, sarà quindi da valutarsi la possibilità di ricorrere allo strumento residuale della ripetizione d’indebito ex art. 2033 c.c.
In questi casi, il conduttore adempiente potrà quindi reclamare la restituzione di quota del corrispettivo già liquidato per i mesi di lockdown, da valutarsi in misura percentuale a seconda che la restrizione dell’attività commerciale imposta dai provvedimenti assunti dalle competenti autorità sia stata totale o parziale, cui aggiungersi i frutti e gli interessi dal giorno del pagamento o dal giorno della domanda in considerazione del fatto che il locatore fosse o meno in mala fede.
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